il Blues è una rivista trimestrale italiana, fondata nel 1982 da un gruppo di appassionati di musica (e non solo) e diretta da Marino Grandi.
Si occupa principalmente di blues e della cultura dei neri afroamericani, in tutti i loro aspetti, dal soul allo spiritual, dal rock-blues al rhythm & blues. Attraverso monografie, approfondimenti tematici, recensioni, resoconti di concerti e manifestazioni, non tralasciando anche i musicisti italiani e la loro produzione musicale. Collaborano ed hanno collaborato alla rivista, giornalisti e musicisti italiani e stranieri. Come rappresentante italiano partecipa alla European Blues Union (EBU).
Nel dicembre 1982, attorno a giornalisti stanchi di essere sopportati all’interno di riviste rock, musicisti, disc-jockey e semplici appassionati, nacque a Milano la rivista “IL BLUES”, trimestrale di cultura musicale interamente dedicato alla musica Blues, che si proponeva di far conoscere, attraverso biografie di artisti, schede monografiche di stili musicali, interviste, recensioni di dischi e di libri, articoli tematici, quella forma musicale a cui tutta la musica che oggi consumiamo deve qualcosa. Nel contempo, cercammo di non creare steccati precostituiti battezzando la nascente casa editrice con il nome di Edizioni Blues e Dintorni, in modo tale da poter ospitare nelle stesse pagine anche quelle forme ad esso correlate, quali Rhythm & Blues, Soul, Gospel, Blues Bianco, Rock-Blues. Per la verità il primo numero che pubblicammo, stampato su carta uso mano (ovvero quella dei quotidiani), poteva contare solo su 28 pagine, rigorosamente in bianco e nero, tante copertine di dischi e nessuna foto originale. Eppure il dado era tratto.
Eravamo, ed ancora lo siamo, l’unica rivista italiana di Blues. Infatti, nonostante la diffusione fosse affidata quasi totalmente attraverso l’abbonamento, allora come oggi, con il secondo numero introducemmo già alcune novità: la presenza di foto originali, 4 pagine in più (in carta lucida) collocate al centro della rivista e destinate ad ospitare la prima puntata della nostra Enciclopedia Biodiscografica del Blues (che terminò nel numero 27 per l’impossibilità materiale dei curatori di proseguire), un aumento del numero dei collaboratori con la presenza anche di voci dall’estero, mentre per la consistenza della pubblicazione dovemmo attendere il numero 5 per approdare a 36 pagine.
E’ ovvio che nel tempo la rivista è cambiata, aumentato il numero delle pagine, migliorata la grafica e la qualità della carta, ampliato l’orizzonte musicale, e realizzato l’obiettivo che ci eravamo prefissi: non solo “scrivere” di Blues, ma estendere il suo “ascolto”. Pur tra le mille vicissitudini che hanno via via costellato il nostro percorso editoriale durato 30 anni, compresa la scomparsa di amici come Felice Motta, Al Aprile, Raffaele Bisson e ultimamente Marco Longhi, dobbiamo ammettere che numerose sono state anche le soddisfazioni dirette ed indirette che abbiamo raccolto.
Tra queste ultime collocherei, l’ampia diffusione (impensabile quando iniziammo) raggiunta dalla musica Blues nel nostro paese attraverso il proliferare di manifestazioni, rassegne e festival (a cui noi collaborammo spesso sotto mentite spoglie) che divennero nel contempo banchi di prova per gli innumerevoli gruppi italiani impegnati a (ri)proporre nei modi più diversi la Musica del Diavolo. Tra quelle dirette però ne sono esistite di due tipi. Quelle ufficiali e quelle non. Fra le prime dobbiamo citare il riconoscimento a livello internazionale riservatoci dalla The Blues Foundation di Memphis, che il 7 febbraio 2009 ha conferito alla nostra rivista il The Keeping The Blues Alive Award 2009 nella categoria “Media Print”, quale testimonianza dell’importanza del lavoro svolto nella diffusione della musica Blues in Italia e non solo, spiegandone la scelta definendo “IL BLUES” a «…labor of love…». Poi ci sono quelle non ufficiali. E di queste non c’è traccia se non nei nostri cuori.
Ci riferiamo a T-Model Ford e R. L. Burnside che ci hanno ospitati in casa loro, a Willie King che al Bettie’s ha interrotto il suo concerto per farci conoscere dal “suo” pubblico, a Luther Dickinson che ci ha abbracciati e ringraziati per quanto facciamo per i musicisti del Mississippi, a James Son Thomas che solo a noi affidava la sua chitarra, alla gioia del figlio di Willie James nell’averci venduto a Maxwell Street ben 2 copie della cassetta del padre, a Johnny Shines che ci raccontava la storia di Robert Johnson seduto a fatica nella nostra Mini Cooper. Ecco, sono proprio questi attimi immateriali e i molti altri istanti di umanità vissuti che, oltre ad accompagnarci per sempre, sono lo stimolo che ci spinge ancora oggi ad andare avanti. Ed è proprio grazie a loro ed a tutti gli altri di cui al momento ci sfuggono i nomi, che abbiamo cercato di non farci distanziare troppo dai cambiamenti imposti dalla velocità assunta dal tempo che corre. Lo abbiamo fatto cercando nuove vie nel tentativo di sintonizzarsi, per quanto possibile al meglio, ai bisogni dei “nuovi” lettori, cercando nel contempo di non scontentare i “vecchi”. E così con il numero 122, marzo 2013, ci siamo spogliati degli abiti cartacei per rivestirci con quelli digitali, conservando però lo spirito primigenio, imbiancato dagli anni ma in grado di essere foriero ancora, a sorpresa, di novità prossime future.